London Breed è la prima sindaca afroamericana di San Francisco – ma è una buona notizia?

London Breed è la prima sindaca afroamericana di San Francisco – ma è una buona notizia?

Sono passati dieci giorni dalle elezioni a San Francisco: dieci giorni di conteggi, previsioni, dichiarazioni e smentite. Come avrete sentito, qualche ora fa London Breed si è aggiudicata la poltrona di sindaco di San Francisco.

La storia di London Breed è di quelle che i giornali adorano. È nata e cresciuta nelle case popolari della Western Addition con la nonna e le sorelle (una delle quali morta di overdose), ha frequentato le scuole pubbliche, si è laureata al campus di Davis dell’Università della California. È una nuova declinazione del classico sogno americano: rags to riches dicono loro, dagli stracci alla ricchezza.

Il fatto che London Breed sia afroamericana è visto come un buon segnale, in una città in cui la percentuale di popolazione nera è crollata negli ultimi 20 anni e dove la disparità di reddito tra bianchi e neri è il doppio rispetto alla media nazionale.

Ma è davvero tutto qui quello che si può dire? Dobbiamo gioire perché London Breed è donna, e perché è afroamericana? Leggendo i primi interventi dei giornali italiani, sembra che la narrazione debba davvero fermarsi qui. Possibile che non riusciamo a guardare oltre?

Queste elezioni anticipate hanno visto i tre maggiori candidati democratici proporre un’immagine di sé facilmente vendibile. Breed, cresciuta appunto nel martoriato quartiere afroamericano. Mark Leno, ex senatore e apertamente gay. Jane Kim, giovane e intraprendente figlia di immigrati coreani. Come scrissi il giorno delle elezioni sulla pagina facebook del blog, il risultato sarebbe in ogni caso stato uno spartiacque nella storia della città.

Ma mi pare che fermandoci ai meri dati personali dei candidati stiamo davvero ignorando il punto centrale della questione.

La vincita di Breed va vista nel contesto più ampio di uno scontro di valori su cui si è giocata l’intera campagna elettorale. Scontro attorno a temi quali la terribile tensione abitativa (sapevi che a San Francisco non c’è più terreno edificabile e i mega-ricchi stanno costruendo case sotterranee?), passando dal rapporto con le aziende tecnologiche e finendo all’eterno problema dei senzatetto.

Gruppo di tende sotto un cavalcavia in centro (foto di Broke Ass Stuart)

Attorno a queste questioni si sono schierati da una parte i democratici moderati (Breed in primis), vicini alle posizioni del precedente sindaco Ed Lee deceduto a dicembre. Dall’altra i candidati più progressisti (Leno e Kim), sostenitori di politiche a favore degli strati della popolazione più svantaggiati e di una più stretta regolamentazione dell’industria tecnologica.

Dunque non è solo la self made woman afroamericana London Breed ad aver vinto. Ha vinto il candidato più direttamente finanziato dall’industria tech, che seguirà le orme del precedessore. Lee si era infatti sempre rifiutato, per esempio, di porre un limite all’espansione di certe aziende in città. Penso alle migliaia di auto con bollino Uber e agli altrettanti appartamenti destinati ai soggiorni a breve termine su Airbnb. Un’altra misura parecchio contestata aveva previsto sostanziali tagli fiscali a quelle start-up che avessero deciso di trasferirsi a San Francisco nella fatiscente zona meridionale di Market street, dove l’anno scorso ha aperto gli uffici Twitter. 

Cosa significherà questo, per San Francisco? Troppo presto per dirlo. Ma ho paura: mi sono innamorata di una città compassionevole, e fatico a vedere il suo volto farsi ogni anno sempre più spietato.

Due note positive: London Breed ha dato prova, nei suoi anni di lavoro all’interno del Board of Supervisors (una sorta di consiglio comunale), di essere una donna tenace e coraggiosa. San Francisco, città che ha sempre brillato di un intenso blu democratico, ha bisogno di un sindaco che non ceda sotto al peso delle minacce dell’amministrazione Trump. In secondo luogo, in questi mesi Breed lavorerà in collaborazione con un consiglio comunale a maggioranza progressista. Spero che il percorso della città, in questo prossimo anno e mezzo, possa essere così bilanciato.

 

 

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